domenica 12 dicembre 2010

un po' di io

Non lo so che sto facendo e ancora non ho capito quello che sono, quello che voglio cosa mi piace veramente e cosa mi annoia. Questa inconsapevolezza non mi spaventa, è forse un mio grande punto di forza, mi fa interessare a cose nuove, mi fa leggere, guardare, sognare in continuazione ad occhi aperti, cercare di realizzare questi sogni, con le forze e le possibilità che ho.

Il film più bello che ho visto al cinema è “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin, un opera d’atre che ha dentro tutto lo spirito del tempo dei nostri giorni, la solitudine, il riscatto sociale, la modernità, il tempo che passa e la capacità dell’amore che fa sparire tutte le difficoltà.

La gara più bella che ho vinto è stata sui 1000 metri con 2’.45” su pista.

Quella volta che mi sono ubriacato sulla neve bevendomi una bottiglia di grappa e mi sono fatto un bagno ghiacciato nella vasca da bagno.

Quando ho guidato per la prima volta la mia vespa.

La cena di capodanno a via Voghera con mille persone che non si conoscevano, con un tavolo ad L che finiva nel corridoio ed un matto che serviva il cotechino sul letto di ruchetta.

Quel viaggio in macchina con Mario Monicelli.

La conferenza stampa per la nascita di Universytv

Le due volte che sono stato eletto, lo scrutinio, e le mie schede che come sempre stavano sul fondo dello scatolone.

I viaggi, la tenda gigante.

Le nuotate lunghissime ed io che dopo mezz’ora non sapevo dove ero finito.

Quando facevo il bagnino e ho salvato 2 bambine.

Quando ho salvato un vecchio e quello mi ha dato 5000 lire.

Il 23 settembre 2004 a villa Panphilj con il sole che non tramontava mai.

Quella sera a via della Conciliazione, su una panchina di marmo freddissima e le lacrime che mi scendevano sugli occhi.

Suor Giovanna ed il mio pass 85, Città del Vaticano, sede vacante. L’albergo della CNN, e noi che ci spacciavamo per reporter internazionali.

I viaggi in treno su e giù.

Quella mattina del 8 novembre 2001 con l’opel Kadett carica di bagagli.

Via Nathan, via Britannia, via Voghera, via pian due torri, piazza della radio, via del colle, via degli eucalipti, casa in campagna, casa…



Roma - Inter sul divano con Bonolis e Proietti.

La chiacchierata sulla politica con Oscar Luigi Scalfaro.

I baci.

La politica.

Le persone che sono capaci di farmi innamorare.

Le idee nelle quali credo.

La mia famiglia, più indissolubile della più piccola particella di un atomo.

Quando vado in bicicletta e comincio a pedalare, e sono felice.

La mattina a casa di Bud Spencer.

La mia decappottabile che si non partiva mai, e quella volta che si è congelato il motore.

I film che guardo senza mai stancarmi, i queen, la canzone dell’amore perduto di De Andrè.

Il 12 febbraio.

Le cipollette grigliate di Luisa.

La mia bicicletta rossa.

I due rigori sbagliati in una partita di pallanuoto.

giovedì 7 ottobre 2010

L’ultimo Reality, la morte in diretta a “chi l’ha visto”.

Ieri sera milioni di Italiani hanno assistito, ad una madre che in diretta televisiva veniva a conoscenza che la figlia era stata uccisa, mentre si trovava a casa dell’assassino, in famiglia. Lo spettacolo voyeuristico ha fatto salire lo share del programma vertiginosamente, lo squallore mediatico, l’occhio della telecamera fa solo da filtro all’ormai morbosa abitudine di guardare “le vite degli altri”.
La Sciarelli sa benissimo che quello che sta succedendo è l’occasione di una vita, il suo programma di nicchia sta conquistando il centro del circo mediatico. Lo “spettacolo” non può essere fermato.
Le telecamere sono state impetuose, l’immagine si spostava freneticamente dallo studio televisivo, simbolo del salotto domestico, al primo piano della madre, senza pietà. Milioni di italiani accertato della morte della ragazza, si sono soffermati su quel primo piano, in attesa di un crollo, di una lacrima di un urlo, desiderosi del colpo di scena, vogliosi della follia, del gesto eclatante, nulla di tutto questo. Abbiamo assistito alla notizia di una morte, ed alla morte di una madre, al suo crollo, alla dimostrazione che per morire dentro basta soltanto un minuto, alla morte della speranza.
Lo show è una droga, deve offrire ai suoi telespettatori sempre qualcosa in più per evitare l’assuefazione, per impedire lo “zapping”, ma dobbiamo sempre distinguere la differenza tra fiction e realtà, dobbiamo fermarci un attimo prima di entrare nell’intimità.
In Italia avvengono più di due omicidi al giorno, ed oltre 1100 persone ogni anno perdono la vita sul posto di lavoro. La maggior parte di loro non ha i “capelli biondi”, non è degna di una prima serata, muore nell’indifferenza, assurda, delle istituzioni, delle politiche sulla sicurezza, la morte tragica finisce nelle noiose notizie dei quotidiani locali, o al massimo nei telegiornali dopo ovviamente il pastone politico. La morte che diventa spettacolo, vince la prima serata televisiva.
Forse è meglio spegnere la televisione

giovedì 29 luglio 2010

Ringraziamenti

Si ringraziano in ordine casuale: Ken il Guerriero, Apollo Creed, Sasuke, Sampei, il Re Leone, Shopenhauer, Paolo x Surini, Vegeta, Cossiga, Maradona, Selen, nonno Antonio, Ted Kennedy, Alessandra Avino, Junior, Loi, Edwige Fenech, Giammarco, Tortosa detto il Maestro, Claudi tutti, i Queen, il Mare.1 maggio, la uno, la ka...dett cabrio, la corsa, la focus, le mie biciclette, la vespa, il si, He Man e Robert Redford

martedì 29 giugno 2010

Fenomenologia di Taricone

Il 14 settembre del 2000 andava in onda la prima puntata del Grande Fratello, nasceva la tv del nuovo millennio e con lei un fenomeno che sarebbe stato da apripista di un nuovo Star System, tra i 10 sconosciuti di quella che sarebbe diventata la casa più spiata d’Italia c’era Pietro Taricone.
Gli italiani riscoprono il loro spirito voyerista, abbandonato nelle pellicole degli anni 70, gli sconosciuti diventano prima dei dirimpettai, poi delle celebrità. Un programma presentato come una scommessa che diviene un fenomeno televisivo mondiale. Come tutte le prime volte, i protagonisti di un successo inaspettato ne sono sempre inconsapevoli, mantenendo cosi la naturalezza e la spontaneità. Pietro diviene ben presto lo stereotipo del macho, con un carattere forte. Piace alle donne, riesce a sedurre le più belle del gf una di loro, Marina, diventerà l’icona sexy di quel periodo. Ma piace anche agli uomini, per la sua cura del corpo e soprattutto per la sua simpatia, riesce ad essere amato anche dai bambini, il suo accento napoletano e la sua spontaneità lo fanno apprezzare sia dalle casalinghe che dall’avvocato Agnelli che confesserà di essere un suo fan.
La fenomenologia di Pietro però inizia una volta spente le luci del GF. Uscito dalla casa ha davanti a se il tritacarne televisivo, quel meccanismo fatto di salotti, studi, cineprese, soldi e donne bellissime, che ha come unico obbiettivo quello di spremerti fino all’ultima goccia, di scavarti dentro, per svuotarti di ogni cosa, portandoti alla fama per poi riggettarti nella quotidianità. I colleghi del Gf 2000 impazzano su copertine e trasmissioni tv. Pietro a differenza di tutti no. Il ragazzo di Caserta al quale mancano solo 4 esami per laurearsi in giurisprudenza, capisce il meccanismo prima di tutti e non si concede. Il pubblico, bulemico di gossip, si incuriosisce ancora di più, tanto che per intervistare Taricone, Maurizio Costanzo scomoderà lo stesso speciale utilizzato in campagna elettorale per Berlusconi:”Pietro contro tutti” . La serata diventa un’evento televisivo, milioni di persone seguono il programma, il ragazzo riesce ad azzittire opinionisti e giornalisti della tv, l’arena televisiva diventa un tavolo da poker e Taricone ha sempre il banco in mano.

L’originale si può solo imitare, e saranno, tanti a volerlo imitare, Pietro lancerà la moda degli “occhiali a gocchia” e delle “smanicate”, ma sarà soprattutto l’apripista della tv commerciale del decennio passato. La tv di Costantino Vitagliano, di Daniele Interrante, Tina, degli uomini e donne di Maria, della bulimia del reality, che ben presto diverrà tv del trash. Personaggi intrappolati nella scatola mediatica, osannati e ben presto dimenticati.
Pietro ha saputo trasformarsi da fenomeno di massa ad attore affermato di cinema e fiction.
Nella casa del GF sono passati centinaia di concorrenti, tutti con la speranza ed il sogno di poter vivere il successo di Taricone, molti hanno imitato, ma l’originale si può solo imitare.

Gianluca Martone

martedì 2 febbraio 2010

Finalmente la verità sul bambino della Kinder


Chi era KinderKid? Un disegno? O un bimbo in carne e ossa? Ebbene, il suo vero nome è Gunter Euringer. Nato più di 40 anni fa, vive in Germania sposato e con 2 figli (entrambi più adatti alla confezione dei Kinder rispetto allo sfigato attuale). Professione: cameraman. Opera più prestigiosa: L'ispettore Derrick (le riprese).
Gunter è sempre vissuto sbattendosene altamente del suo operato per la Kinder, un servizio fotografico del '68 dal quale ha intascato 300 marchi...anzi, dice: "L'hanno ritoccata quasi ogni anno, in realtà. Cose davvero minime, ma percepibili. Anzi, era un gioco per me al supermercato vedere se trovavo nuovi cambiamenti. La mia palpebra destra è stata un po' sollevata, i capelli ritinti, le labbra arrossate, e il sorriso è diventato sempre più bianco. Ma ero sempre io. A parte le orecchie: il caschetto me le copriva del tutto, così aggiunsero quelle di un altro, al computer". Ma un giorno, vide il "ritocco" definitivo...FU SOSTITUITO. Diceva: "La Ferrero può fare come crede, ovviamente, ma io spero di resistere ancora a lungo su quelle scatole. Il Bambino Kinder è stato parte della mia vita. e questo libro ho deciso di scriverlo quando ho visto durante un viaggio all'estero che il mio viso era stato rimpiazzato da quello di due bambini. Ho capito d'improvviso quanto tutto questo avesse contato per me, anche se avevo sempre fatto finta di no".
Euringer, inoltre, non ha gran bei ricordi della sua vita da testimonial: "A parte che i dolci non sono mai stati una mia passione, e il Kinder Cioccolato è entrato in casa mia di rado, portato da qualcun altro, io della celebrità sono stato orgoglioso solo all'inizio, per scherzare con i miei compagni di scuola, poi basta. Mi faceva sorridere quando qualche cassiere di drogheria mi riconosceva. Poi per fortuna sono cresciuto e cambiato. I miei mi hanno educato a essere modesto e discreto, alla mia privacy ci tengo".
E solo gli amici d'infanzia sapevano la verità, lui non l'aveva mai raccontata a nessuno, neppure alla moglie Evi né ai figli Johannes e Florian. Si fece una propria vita normalissima, che comprese vari mestieri, dall'autista al commesso viaggiatore, dal tecnico delle luci al cameraman, appunto. E anche un tumore, dieci anni fa. Curato e vinto: "Ho sempre avuto fortuna, nella mia vita. E la malattia mi ha reso anche un po' più saggio", disse sorridendo con lo stesso sorriso che ha convinto i bambini di tutto il mondo per decenni.
Fu anche questa seconda vita che gli è stata regalata dal destino a convincerlo a raccontare la prima. Cioè quella seduta fotografica a cui la madre, che lavorava nella pubblicità, lo portò perché tutti dicevano che era un bambino bellissimo ("cosa che odiavo: mi davano del bambolotto, mi dicevano che avevo le ciglia lunghe e io me le tagliavo"). Una seduta quasi traumatica: "Mi facevano in continuazione sorridere, e mentre lo facevo tra me e me insultavo più pesantemente che potevo il fotografo. E' la prima cosa a cui pensavo sempre quando mi rivedevo sulle confezioni Kinder".
Sul compenso, 300 marchi tedeschi: "Tutti pensano che sia diventato ricco. E in effetti lo ero, quei soldini alla mia età non erano pochi. Mia madre me li mise in banca fino alla maggior età, ma li usai per pagare delle multe prese in motorino. Avrei potuto chiedere che mi fossero riconosciuti tutti i diritti sull'immagine, ma non mi importava".

E così, pian piano, il KinderKid, è scomparso, lasciando spazio a un uomo come tanti altri, che neppure rispondeva agli appelli di tv, radio e giornali che avrebbero voluto intervistare uno dei testimonial più longevi della storia. Un silenzio che ha alimentato leggende metropolitane: che fosse diventato drogato, oppure obeso per il troppo cioccolato. O addirittura che fosse Thomas Orner, popolarissimo volto televisivo tedesco, giornalista e presentatore, in pratica il Michele Cucuzza della Zdf, che non ne poteva più di smentire. La Guardia di Finanza tedesca lo voleva tassare per i diritti su quelle foto. Ma ora il libro scritto da Euringer ha dato serenità anzitutto a lui.