sabato 25 aprile 2009

Divismo a buon mercato.

Benvenuti nel reality show più casareccio e popolare, il più famoso del mondo Facebook.
In palio non ci sono soldi, viaggi o televisori al plasma ma qualcosa di ben più prestigioso e perverso: la propria reputazione e il proprio status sociale.
Sulla home page più celebre del pianeta siamo tutti compiaciuti e compiacenti, sorridenti e disponibili.
Come in un reality l’obbiettivo è far uscire fuori il personaggio, la maschera pirandelliana che ci siamo costruiti per emergere, siamo noi ma tirati a lucido, Facebook è il nostro diario segreto, che lasciamo però incustodito sperando che qualcuno possa aprire e leggere.
Siamo tutti desiderosi di attenzioni, di contatti, siamo alla continua ricerca del nostro pubblico, il salotto di casa diventa il nostro palco, quando decidiamo di scrivere una nota o un pensiero accendiamo le telecamere del nostro reality e decidiamo cosa far vedere e cosa no.
Inutile dire che su Facebook non troveremo mai la rabbia, la protesta, quello che Montale chiamerebbe “il male di vivere”, perché ci allontanerebbe dal premio finale.
Il gioco però ha la sua trappola, rende chi partecipa terribilmente banale, stereotipo, il doppione di una stessa figurina inscambiabile. Cosi come in ogni reality show che si rispetti l’anonimo a metà percorso viene eliminato. Il suo profilo perde di interesse le sue foto al mare seppur digitalizzate cominciano ad ingiallire esposte a contatti sempre più rari.
• desideriamo auto di lusso nascondendo la nostra punto con i tappetini sporchi
• siamo sex and the city mentre sul nostro televisore domestico impazza il genio di Maria
• i test diranno sempre il meglio di noi
• Viaggiamo molto
Poi premiamo su disconnetti dal sistema, lo schermo si spegne, ci giriamo e passiamo dal reality al reale, guardiamo il telefonino e vediamo che l’sms che più desideriamo non è ancora arrivato o forse si, ed è realtà.

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera

S. Quasimodo

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